Coronavirus (COVID19): Dal 22 marzo è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comuni diversi da quello in cui si trovano salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute. Le attuali indicazioni del governo italiano impongono quindi importanti restrizioni per impedire la diffusione del contagio.
I professionisti sanitari sono chiamati ad un ulteriore sforzo per garantire la salute pubblica. Questo significa impegnarsi in prima linea per garantire la “normale” continuità assistenziale e contribuire alla cura delle persone contagiate dal nuovo coronavirus. Con grande spirito di sacrificio ed abnegazione, tutti i professionisti sanitari continuano quindi a prestare servizio alla popolazione. Questo nonostante il timore di poter essere contagiati o di poter diventare loro stessi veicolo di contagio.

Come riportato su The Lancet, in Italia il 20% degli operatori sanitari è infetto. Altri purtroppo sono deceduti. Il personale sanitario riferisce esaurimento fisico e mentale, il tormento per la gestione del triage e il dolore della perdita di pazienti e colleghi. Il tutto è corredato dall’inevitabile rischio di infezione. Con l’accelerazione della pandemia da coronavirus, inizia a crescere la preoccupazione circa la disponibilità di dispositivi di protezione individuale (DPI). Oltre alle preoccupazioni per la loro sicurezza personale, gli operatori sanitari sono ansiosi di trasmettere l’infezione da coronavirus alle loro famiglie.
DPI E NORME DI PROTEZIONE
Per questi motivi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto una guida che definisce i diritti, i ruoli e le responsabilità dei professionisti sanitari durante la pandemia dal nuovo coronavirus. In questa guida sono contenute inoltre considerazioni fondamentali per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Nello specifico delle professioni afferenti all’Ordine TSRM-PSTRP , oltre alle indicazioni fornite dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), l’Ordine ha previsto specifiche indicazioni ai professionisti. Inoltre, l’ISS propone un corso online gratuito specifico per i professionisti sanitari. Per maggiori informazioni, si veda il link.
TAMPONE PER SCREENING CORONAVIRUS
Verificare la positività al coronavirus è sicuramente tra le strategie di controllo per monitorare l’andamento del contagio. Tuttavia, i vari test di screening hanno una sensibilità ed una specificità differente. Questo vuol dire che non tutte le persone che risultano positive al test abbiano effettivamente la malattia (falsi positivi). Così come non tutte le persone negative al coronavirus siano a tutti gli effetti esenti dal contagio (falsi negativi). Le linee guida dell’OMS per i test di laboratorio su COVID-19 affermano che i risultati negativi “non escludono la possibilità di infezione da coronavirus”. Non ci sono ancora stati molti studi su quanto siano comuni i falsi negativi, ma la ricerca sta continuando. Esistono diversi motivi per cui una persona infetta da coronavirus può produrre un risultato falso negativo durante il test:
- Possono essere nella fase iniziale della malattia con una carica virale troppo bassa per essere rilevata.
- Le persone potrebbero non avere sintomi respiratori maggiori. I virus rilevabili nelle vie aeree potrebbero quindi esserci pochi.
- Potrebbe esserci stata una cattiva gestione e spedizione di campioni.
- Altri fattori specifici come la mutazione del virus.
Nel video sottostante, viene proposta una spiegazione esemplificativa sul perché molti studiosi non consigliano di eseguire screening a tappeto. Le analisi si basano sulle attuali stime italiana: falsi negativi 10% e falsi positivi 1-4%.
CORONAVIRUS E RIABILITAZIONE
I professionisti della riabilitazione, come tutte le professioni sanitarie, devono continuare ad assistere le persone con disabilità, le persone anziane e tutte quelle persone che vivono in condizioni di vulnerabilità socio-sanitaria. I professionisti sono quindi tenuti ad adottare le misure previste dagli organi di competenza per continuare a svolgere il proprio lavoro in sicurezza. Gli enti per cui lavorano devono invece provvedere ad adottare tutte quelle norme di prevenzione e controllo espresse dall’OMS.
Numerose sono le iniziative promosse per garantire la continuità assistenziale riabilitativa. La Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa ha adottato un servizio di telemedicina rivolto alle persone che a causa del coronavirus hanno difficoltà ad accedere a ospedali o ambulatori. Si tratta di un “ambulatorio virtuale” che offre tele-consulti alle persone con condizioni disabilitanti.
La World Federation of Occupational Therapy riconosce le conseguenze e i cambiamenti dovuti alla pandemia da coronavirus. Suggerisce quindi di indirizzare gli interventi dei terapisti verso un maggior accesso alle risorse informative e una più attenta stimolazione all’attività di vita quotidiana. Vengono inoltre invitati i terapisti a promuovere con più efficacia la comunicazione, la mobilità, il contrasto dell’isolamento sociale, e la promozione della salute mentale e del benessere.
La World Confederation for Physical Therapy ha inevitabilmente sottolineato l’importanza della fisioterapia respiratoria, oltre ad enfatizzare il ruolo del fisioterapista nel recupero funzionale ed indicare le misure da adottare per prevenire il contagio.
Queste sono solo alcune delle organizzazioni che sottolineano l’importanza e la necessità di continuare a garantire prestazioni riabilitative, nonostante l’emergenza da coronavirus.
RIABILITAZIONE E ALTRE PROFESSIONI
E’ importante sottolineare il fondamentale ruolo di supporto che i professionisti della riabilitazione potrebbero fornire all’interno dei reparti ospedalieri. I colleghi medici ed infermieri sono primariamente impegnati nel contrastare l’epidemia e nella gestione delle emergenze. Gli operatori della riabilitazione potrebbero quindi svolgere un importante ruolo nella gestione quotidiana dei pazienti.
Organizzare attività. Eseguire i trasferimenti. Lavorare sul rinforzo muscolare. Attività di vita quotidiana. Alimentazione. Autonomie. Tali proposte, oltre ad essere specifiche attività riabilitative, consentirebbero inoltre di non gravare eccessivamente sul lavoro di medici ed infermieri. Si pensi inoltre alle persone istituzionalizzate o che vivono in Residenze Sanitarie Assistenziali, cui sono stati impedite le visite da parte dei familiari. Quale migliore occasione quindi per promuovere il tanto declamato modello bio-psico-sociale? Se è vero che il superamento del modello bio-medico ha lasciato spazio ad una visione globale della salute, la riabilitazione gioca in questo senso un ruolo essenziale.
Ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte. Per il proprio bene. Per la salute delle persone che assiste. Per la collettività.